il Wing Chun diviso in elementi

Il Wing Chun ed i suoi elementi

Il Wing Chun è un’enorme cisterna. Quanta acqua riuscite a prenderne, però, dipende solo da voi. Questa è una buona frase che indica che gli elementi che compongono il Wing Chun sono molti e che devono amalgamarsi, in modo che ogni elemento sia parte del tutto ed il tutto sia formato dall’apporto di ogni elemento.

Ai fini di un’analisi, però, è meglio esaminare i vari elementi singolarmente ed utilizzare una nuova struttura: la piramide.

La piramide che prendo in considerazione è ispirata a quella Rooney  e riadattata da me al Wing Chun.

Eccola qui:
Pyramide

 

Perchè proprio una struttura a piramide? Perchè, come in una costruzione normale, si deve partire dal basso costruendo un piano alla volta e il piano più basso deve essere talmente solido da sostenere i piani che gli sono sopra.
Vediamoli uno per uno.

 

 

La base

Come ogni base, anche quella della nostra piramide deve essere solida. Tanto più è solida la base, tanto più stabile sarà l’intera struttura.

Alla base troviamo diversi elementi, alcune fisici, altri mentali, altri che riguardano il comportamento.

Le motivazioni sono le cose che ci hanno spinto a cominciare la pratica del Wing Chun. Ognuno avrà le proprie. Le motivazioni sono fondamentali per comprendere quali sono i nostri obiettivi e fare in modo che l’addestramento vada a soddisfare gli obiettivi. Da notare che “finire il sistema” per me non è un obiettivo, ma uno strumento, o una fase intermedia per raggiungere un obiettivo. E’ come voler imparare a guidare una macchina per tenerla in garage e fare ogni tanto il giro dell’isolato.
Finire il sistema è una condizione naturale per chiunque cominci l’addestramento.

La forza mentale è quella che serve per sopportare l’addestramento. Può essere uno spirito di sacrificio per sopportare la fatica (o il dolore) dell’addestramento o anche la pazienza, molto importante nel Wing Chun.

Motivazioni e forza mentale concorrono a creare la “serietà” del praticante nell’addestramento. Per “serietà” intendo presenza costante alle sessioni di allenamento e impegno durante le sessioni.

Passiamo poi agli attributi prettamente fisico/atletici: coordinazione, flessibilità, equilibrio, forza, velocità, potenza e resistenza.

Prevenzione infortuni.

Qui la responsabilità è suddivisa tra maestro e allievo.
Per prevenzione infortuni si intende:

1) Il raggiungimento della consapevolezza, e della capacità di valutazione, dello stato e dei limiti della propria capacità fisica in termini di forza, equilibrio, flessibilità e resistenza in modo da non eccedere e farsi male da soli;

2) Alternare in modo adeguato l’attività ed il periodo di riposo/recupero;
3) Utilizzare la tipologia di allenamento appropriato in base al proprio livello fisico e tecnico;
4) Utilizzare sempre l’attrezzatura adeguata per l’attività che si sta facendo;
5) Mantenere sempre la mente centrata e focalizzata su quello che si sta facendo.

Alimentazione
Il Wing Chun ci deve dire come e cosa dobbiamo mangiare? Ovviamente no. Quello che si intende qui è che un’alimentazione adeguata ha un duplice effetto benefico:
1) Migliora il nostro fisico e la nostra salute. Si dice infatti che noi siamo quello che mangiamo;
2) Seguire una dieta (qui intesa come regime alimentare, non necessariamente come dimagrimento attraverso l’alimentazione) presuppone l’adeguare il proprio comportamento a delle regole. E’ un allenamento comportamentale, un atteggiamento che sarà utile durante la pratica.

Ma questo vuol dire che il praticante di Wing Chun non può mai “sgarrare”? Ovviamente no. Ricordiamoci che da bravo stile buddhista, esiste sempre la via di mezzo. La capacità di regolarsi e vedere se siamo in linea con il proprio obiettivo è il vero scopo.

 

 

Le tecniche specifiche

Qui siamo nel vero e proprio addestramento tecnico.

A questo livello sono contemplate:

1) Tutte le singole tecniche con le braccia e con le gambe;

2) Le forme;

3) Tutti i drill e tutti i pattern.

L’allenamento all’impatto

La conoscenza delle tecniche e dei drill non ha molto senso se al primo impatto il nostro polso, il nostro pugno o qualsiasi altra parte del corpo che va a colpire, si rompe.
Ecco quindi che al piano superiore dell’addestramento tecnico c’è l’addestramento all’impatto.
Questo può essere fatto:

– al sacco pesante appeso o al sacco a muro (con distinzioni di allenamento);

– a colpitori vari: scudi, pao, focus glove;

– allenandosi all’iron palm, o meglio “condizionando” le varie parti soggette ad impatto.

Anche se non è il principale scopo del suo uso, anche l’uomo di legno può essere usato per condizionare le braccia e le gambe.
Sparring
Il livello successivo è l’addestramento all’applicazione pratica delle tecniche in un contesto più libero.
Principi e Strategie e/o “Stress Inoculation”

Su questo piano ho messo due elementi molto diversi tra loro. L’ho fatto perchè potrebbero essere il bivio che porta il praticante a prendere una strada piuttosto che un’altra, enfatizzando uno solo di questi elementi.
Principi
Fino a questo punto il praticante si è addestrato all’apprendimento “corporeo” del Wing Chun e alla applicazione pratica dei drill. E’ ormai pronto a capire le regole che generano le tecniche e i drill. E’ pronto per i principi del Wing Chun. Questo gli permetterà di liberarsi dalle catene dei drill. Gli permetterà di avere applicazioni personali che comunque risponderanno ai principi del sistema.
Finalmente smetterà di essere un robot e il Wing Chun diventerà il vestito che gli calzerà a pennello.

Comprendendo i principi, il praticante si renderà conto anche delle varie strategie presenti nel Wing Chun, che gli consentiranno di adattare il combattimento al proprio avversario e non di cercare di adattare tutti i combattimenti alla propria strategia.

Stress inoculation

Molti si avvicinano al Wing Chun per difesa personale in un contesto definito “da strada”.
Il Wing Chun, come strumento per confrontarsi con altri esseri umani, può certamente essere usato anche in un contesto “da strada”.

C’è un piccolo problema che spesso viene dimenticato fino a quando uno, malauguratamente, non si trova coinvolto in evento di quel genere: un’aggressione, un combattimento “da strada” provoca un forte stress. Lo stress fa funzionare il nostro corpo e la nostra mente in un modo completamente diverso da come funzionano in palestra.
Maggiore è lo stress, maggiori sono le modifiche psicofisiche: adrenalina sparata in circolo che modifica il funzionamento dei muscoli, cuore che aumenta i battiti e mente che pian piano diminuisce la capacità di fare movimenti “fini” per passare a quelli definiti “grossolani”.

La cosa bella è che l’entità dello stress è personale, cioè dipende dalla valutazione del singolo del pericolo che si sta correndo.

Vuol dire che lo stesso evento può essere un trauma per qualcuno e una passeggiata per un altro.

Allenarsi per anni in qualcosa per poi non riuscire ad applicarlo nel momento in cui si deve metterlo in pratica, può essere più traumatico dell’evento stesso.

E’ mia opinione che chi si avvicina al Wing Chun per difesa personale debba prendere confidenza con gli effetti dello stress sul proprio fisico e sulla propria mente.

C’è un piccolo problema: lo stress di una vera aggressione non può essere replicato in palestra!

Che fare allora?

Due cose:

1) Allenare e ripetere allo sfinimento le tecniche corrette;

2) “Vaccinarsi” allo stress.

Partiamo dalla prima cosa: ripetere le tecniche e le sequenze.

Questa è una delle cose che al giorno d’oggi vengono criticate nel Wing Chun. Perchè devo ripetere, ripetere, ripetere, ripetere…?

Viene vista come una cosa arcaica e basata su un sistema di insegnamento ormai superato.
Invece la ripetizione ha un suo effetto benefico proprio durante lo stress: in un combattimento con un altissimo fattore di stress, non eleverete voi stessi al livello del confronto, ma vi abbasserete al livello dell’addestramento.

Significa che quando le cose si fanno veramente serie e voi percepite un vero pericolo, la mente ed il fisico si adeguano. Se il pericolo percepito è veramente alto, scatta quello che possiamo definire il “pilota automatico”. Se siete stati testimoni o avete sentito storie di persone che dopo un combattimento dicevano di non ricordare cosa avevano fatto, avete un’idea del “pilota automatico”.

La bella notizia è che il “pilota automatico” fa tutto per conto proprio, anche se noi ci siamo ritirati nel cantuccio più riparato della nostra mente a pregare che finisca presto. La cattiva notizia è che il pilota automatico può prendere le risorse dall’istinto e l’istinto si è forgiato esclusivamente con la ripetizione dei gesti.

Se la ripetizione è stata corretta, il “pilota automatico” agirà correttamente, altrimenti farà esattamente gli stesi errori fatti in addestramento.
“Vaccinarsi allo stress”

Come abbiamo visto, il combattimento è stress e lo stress genera modifiche psico-fisiche.
Fino ad un certo punto le modifiche sono positive: il corpo si prepara al meglio per fare 2 delle 4 “F” – fight or flight, cioè combatti o scappa.

Le modifiche lavorano quindi a nostro favore. Fino ad un certo punto però, superato il quale cominciano a lavorare contro di noi.

Come fare allora?

Si sfrutta il fatto che il livello di stress dipende dalla nostra percezione. Se cambiamo la percezione, cambieremo anche il livello di stress.

Per farlo si opera un po’ come con le vaccinazioni: si introduce un elemento patogeno in modo controllato in modo da abituare il corpo a riconoscerlo e combatterlo, elevando così la nostra soglia di guardia.

Con lo stress si fa esattamente nello stesso modo. Ci sono metodi chiamati “stress inoculation” che fanno proprio questo: introducono fattori di stress in modo controllato, in modo da far prendere coscienza al praticante di ciò che succede al proprio corpo e alla propria mente, fagli prendere confidenza col nuovo stato e, in questo modo, elevare la sua soglia di stress.

 

La vetta: il mental training

Eccoci giunti all’ultimo elemento, l’ultimo piano della nostra piramide.

La vetta è dedicata all’addestramento mentale.

Siamo normalmente portati a pensare che le prestazioni dipendono solo dalle potenzialità, cioè dal livello fisico-tecnico-tattico.

In realtà non è così. Se dovessimo scrivere la formula della prestazione, questa sarebbe:
prestazione= potenzialità +- convinzioni.
Nella prestazione, cioè, giocano un grande ruolo le convinzioni che noi abbiamo.

Le convinzioni negative (chiamate limitanti) vanno a sottrarre punti alla prestazione:
prestazione= potenzialità – convinzioni limitanti

Le convinzioni positive (chiamate potenzianti) vanno ad aggiungere punti alla prestazione:
prestazione= potenzialità + convinzioni potenzianti

Siccome non possiamo spegnere la nostra mente e quindi le nostre convinzioni (tranne in caso di “pilota automatico”), ci conviene lavorare in modo da avere convinzioni potenzianti, aumentando il livello della nostra prestazione, piuttosto che vederla, con sgomento, crollare sotto le nostre convinzioni limitanti (che spesso nemmeno ci accorgiamo di avere).

Come disse un certo Ford:”Che tu sia convinto di farcela o di non farcela, hai comunque ragione”.

Il mental training si focalizza su questo: come fare in modo che la nostra mente giochi al nostro fianco aggiungendo qualità a quello che il corpo è in grado di fare.