Checkup del proprio Wing Chun

Può capitare di allenarsi tanto e non vedere miglioramenti, ci si sente bloccati, oppure di allenarsi da tanto tempo e accorgersi di non riuscire ad applicare quanto appreso in un determinato contesto. Quando una, o entrambe di queste cose accadono, si viene presi da scoraggiamento. Ci si chiede il perchè e, a volte, si finisce per dare la colpa al Wing Chun e a non ritenerlo efficace, quando invece il problema è da ricercare da qualche altra parte.

Quello che mi accingo a presentare è un sistema semplice di valutazione, preso dal Coaching. Prima di cominciare, 2 precisazioni:

1) Il Wing Chun è efficace, ma non è la panacea di tutti i mali. Se non “funziona” bene quanto un altro sistema, probabilmente lo si sta tirando a forza in un ambiente nel quale un altro sistema è più specializzato. A quel punto, forse, il problema sta nell’allineamento tra obiettivi e strumenti.;

2) Il Wing Chun non rende nessuno imbattibile. Si troverà sempre qualcuno più forte. Se si perde il confronto, non è detto però che la colpa sia del Wing Chun.

Lo strumento che prendiamo in considerazione per la valutazione del nostro Wing Chun è la ruota a spicchi.

Questa è quella che ho fatto io per la valutazione del praticante/lottatore/atleta/guerriero (scegliete sempre il termine che preferite) di Wing Chun:

 

Una piccola descrizione dei vari spicchi:

1) Preparazione atletica: coordinazione, flessibilità, equilibrio, forza, velocità, potenza, resistenza;

2) Qualità tecnica: Come dal nome la qualità del gesto tecnico, qui inteso nel senso più ampio, dalla singola tecnica, al drill o alla sequenza più complessa; 3) Qualità dell’impatto: Il grado di condizionamento di braccia e gambe derivati dall’iron palm training, più la capacità di impattare con potenza e precisione sui vari colpitori/sacco;

4) Sparring: La capacità di applicare i drill in un contesto non collaborativo;

5) Strategia di combattimento: La capacità di cambiare strategia per adeguarsi al tipo di avversario e di confronto;

6) Gestione dello stress: La capacità di rimanere lucidi sotto pressione;

7) Motivazioni/convinzioni: Le motivazioni che lo spingono a praticare il Wing Chun e le convinzioni sul Wing Chun e su se stesso;

8 ) Conoscenza del sistema: La conoscenza dei principi e delle strategie del Wing Chun.

Ora,  per fare l’analisi, basta dare un voto da 1 a 100 ad ogni settore e colorare lo spicchio della ruota corrispondente in base a questo valore. Se in un settore ci si sente perfettamente soddisfatti, gli si dà valore 100 e si colora l’intero spicchio. Si procede settore per settore finchè l’intera ruota non è coperta. Fatto ciò si osserva la figura che ne viene fuori.

Facciamo un esempio:

Un praticante/atleta/lottatore/guerriero (sempre il termine più gradito) di Wing Chun ha un’ottima qualità tecnica, riesce ad applicare bene i drill in un contesto non collaborativo, ha un’ottima conoscenza del sistema, è motivato e con una grande fiducia in se stesso.

Un ottimo praticante, no?

Eppure, supponiamo che lui non riesca a raccogliere i frutti di ciò che ha seminato e cominci a nutrire dei dubbi sul Wing Chun. Dove può risiedere il problema?

Se andiamo ad analizzare tutti i settori, vediamo che pecca in preparazione atletica (ad esempio non riesce a colpire con potenza), gli manca qualità dell’impatto (ad esempio le mani e le tibie non sono condizionate), quando è messo sotto pressione va nel panico e non riesce ad applicare più nulla e la sua strategia, seppur buona non è ancora abbastanza per adeguare il combattimento all’avversario o al contesto. Il modello che stiamo prendendo in esame si chiama ruota perchè dovrebbe essere in grado di rotolare. La prima analisi da fare è quindi sull’intero modello.

Bisogna chiedersi: “Se questa fosse una vera ruota, la metterei alla mia auto?”

Quando tutto è a posto, questo è quello che si dovrebbe ottenere: una ruota armonica.

(by Vito Arenise)

 

 

Lo Sparring

Lo sparring non è un combattimento. E’ l’anello di collegamento tra i drill e il combattimento (test libero).

Non si può passare dallo studio dei drill, collaborativi e prevedibili, all’applicazione libera con un avversario assolutamente non collaborativo. Ci si ritrova sempre in un elemento che non si conosce, arrivano i colpi (e forti) e per paura di prenderne troppi si cerca di fare il meglio che si può: cioè tirare colpi scomposti cercando semplicemente di darne di più dell’avversario.

Al test libero si deve arrivare per gradi. Bisogna man mano allenarsi in drill meno collaborativi, in cui non si allena più la tecnica in se, ma la sua applicazione in termini di distanza, timing applicato all’avversario e stress.

Lo sparring diventa quindi non più un test, un combattimento, ma uno studio vero e proprio in cui si familiarizza sempre di più con un avversario vero. Essendo uno studio, lo stress è controllato e tarato, di volta in volta, sulla singola sessione. C’è quindi la possibilità di allenare anche altre “tecniche” e strategie del sistema che non siano i pugni a catena, i ganci smanacciati e l’entrata “da toro” per chiudere per forza la distanza.

Le sessioni di studio dello sparring hanno come scopo imparare a gestire l’avversario e lo stress del combattimento. In questo modo il praticante impara a liberarsi dei drill e ad applicarli in un contesto più libero.

 

Ci sono differenti tipi di sparring ed in base a questi si determinano anche le protezioni da indossare.

Lo sparring può essere condizionato (situational sparring) o libero (all out sparring).

In quello condizionato si pongono delle regole iniziali a cui i due atleti devono attenersi. Si possono allenare, in una condizione da laboratorio, strategie, distanze e tecniche.

Nello sparring libero è possibile utilizzare l’intero bagaglio tecnico-strategico.

 

Lo sparring condizionato si divide in: live drill, distanze, strategie.

I fattori comuni a tutti i gruppi sono:

–          La velocità e la pesantezza dei colpi è predeterminata e le protezioni sono calibrate su di loro;

–          L’avversario non è mai collaborativo, nel senso che anche nello sparring regolamentato fa di tutto per non subire la tecnica.

 

Le protezioni dipendono dalla tipologia di sparring che si vuole allenare.

Le classiche sono: paratibie, conchiglia e paradenti.

La protezioni delle mani può invece variare:

1)      Guantini mma;

2)      Guantini a dita aperte ma con protezione extra delle nocche;

3)      Guantoni da 10 a 16 once.

Se lo sparring è particolarmente intenso, si aggiunge il caschetto.

Guardiamo ora in dettaglio i gruppi dello sparring condizionato.


Fase pre-drill

In questa prima fase il praticante prende più familiarità con gli attacchi e le difese semplici. Per le difese semplici intendo coperture e schivate. Per me è importante iniziare con le coperture e le  schivate, perché hanno radici nei movimenti istintivi, e quando ci si trova a non essere in grado di utilizzare “tecniche superiori” contro un  avversario, e lo stress diventa elevato, i movimenti istintivi prenderanno il sopravvento ci si ritroverà a mettere la testa tra le braccia (coperture) o ad allontanarsi dai colpi (schivare). Quindi è meglio imparare a come fare correttamente le coperture e le schivate. Qualcuno mi dice che il Wing Chun non ha coperture e, specialmente, le schivate (Wing Chun insegna a creare il contatto con l’avversario). Credo che questo non sia sempre vero. Sì, naturalmente avere il contatto con l’ avversario può aumentare le probabilità di successo, ma il Wing Chun dice anche di “non scontrarti con un braccio forte e di evitarlo”.

Così, a volte, il contatto non è utile. In più, ogni passo nel  Wing Chun finire con la parola ‘Ma’ (Toh Ma, Syeung Ma, Seep Ma …), ma due passi sono chiamati Loy Seen Wai e Ngoy Seen Wai e non Loy Seen Way “Ma” e Ngoy Seen Way “Ma”. Questo perché Loy Seen Way e Ngoy Seen Way, per me, sono più una relazione con l’avversario piuttosto che dei semplici passi. Questo significa che posso assumere quella relazione  anche senza come vero e proprio passo, ma con un movimento del busto (schivata). In aggiunta,  si vede una vera e propria schivata nel movimento Chum Sun della forma Biu Jee. Così, nel Wing Chun possiamo schivare quando è utile e/o un’altra tecnica “superiore” non può essere applicata., A questo livello, lo sparring è un singolo attacco (braccia o gambe) e una  semplice difesa in copertura o schivata. Questa sarà la base su cui verrà innestato tutto il resto.

 

Live drill

Studiando il Wing Chun si impareranno molti drill. Ogni drill, dal più semplice al più complesso, può essere applicato in un ambiente più libero con un avversario sempre meno collaborativo

 

Un esempio di Drill: Straight punch drill (esercizio dei pugni diretti)

Scopo: Intercettare i pugni diretti dell’avversario con tecniche Yang (pock, jom, gum, etc.).  Allenamento base del trapping.

Fotwork applicato: nel drill base solo choh ma (rotazione)

Cosa accade alla linea centrale: Non varia. Il vantaggio di linea centrale viene acquisito attraverso la tecnica Yang

Azioni del partner A: Esegue pugni continui diretti, con rotazione.

Azioni del partner B: Esegue tecniche Yang con rotazione per intercettare (e deflettere) i pugni avversari. Esecuzione “live” (A)

I due praticanti sono in guardia libera e a distanza. Il footwork è libero. I pugni sono portati a bersaglio. Azioni del partner A: Chiude la distanza ed esegue uno o più pugni diretti.

Azioni del partner B: Cerca di applicare il drill il maggior numero delle volte possibile. Se non riesce ad applicare il drill, può rifugiarsi nelle difese base (schivate e coperture).

Esecuzione “live” (B)

I due praticanti sono in guardia libera e a distanza. Il footwork è libero. I pugni sono portati a bersaglio. Azioni del partner A: Chiude la distanza ed esegue uno o più pugni di qualsiasi genere. Per chi è più avanti con la pratica è  possibile inserire anche le tecniche di gamba

Azioni del partner B: Attacca liberamente ed in fase difensiva cerca di applicare il drill il maggior numero delle volte possibile. Se non riesce ad applicare il drill, o per le tecniche diverse dai pugni diretti, può usare le difese base (schivate e coperture)

Questa struttura di allenamento si può applicare a qualsiasi drill.

 

Allenamento delle distanze

Qui cominciamo a separarci dal concetto “drill”, per allenare uno scenario prestabilito. Per farlo i praticanti potranno utilizzare tutti i drill di loro conoscenza.

Per allenamento delle distanze intendo sessioni dedicate e fissate ad una distanza specifica. Quindi ci saranno sessioni di calci, di pugni e di chee sau. Questo serve a far comprendere al praticante che cosa succede ad una particolare distanza. Quali sono i punti forti e quali quelli deboli.
Allenamento delle strategie (A)

Qui si mettono insieme e si raccolgono i frutti dei due lavori precedenti. Si danno dei ruoli ai praticanti e si cerca di mettere in atto una strategia contro qualcuno che fa di tutto per non farsela applicare. Alcuni esempi:

–          Allenamento di distanze: inteso qui come cercare di acquisire una determinata distanza contro qualcuno che non collabora (es. chiudere su qualcuno che vuole mantenerla lunga)

–          Cercare di applicare il trapping;

–          Cercare di pressare l’avversario e arrivare ad utilizzare il chee sau;

–          Etc.
Allenamento delle strategie (B)

Molti dicono che nel Wing Chun abbiamo allenare l’istinto e che non servono delle reali strategie di combattimento tipo quelle degli sport da combattimento. Questo è vero, naturalmente. La teoria Wing Chun, i drill  e le strategie principali servono per addestrare il nostro istinto in modo che possiamo utilizzare tecniche adeguate quando siamo assaliti da qualcuno o quando siamo sotto stress.

Ma, se vogliamo essere completi, nelle tipologie di combattimento dobbiamo includere il “duello”. Con duello parlo, per esempio, della situazione in cui il nostro avversario ci dice qualcosa tipo: “Ehi, vieni fuori e  combattiamo”.

Non è un’aggressione improvvisa. Si tratta di una situazione in cui si sa che si sta per combattere. E non intendo un combattimento sportivo. Insomma una vera e propria lotta di strada, con l’unica differenza che si sa che si sta per combattere. Ora si hanno due scelte: è ancora possibile utilizzare l’istinto, oppure è possibile utilizzare una strategia adatta per l’avversario.

Dopo tutto non è vero che il Wing Chun non fa uso di strategie di combattimento che presuppongono uno studio dell’avversario. Per esempio i proverbi: – Non scontrarti con un braccio forte, ma evitalo e attacca per primo; – Non scontrarti con un avversario forte, ma se l’avversario è debole, aggrediscilo frontalmente; – Gli attacchi rapidi e diretti sono adatti per “chiudere la distanza”; sono esempi che si possono riferire a strategie da applicare dopo aver studiato l’avversario. E sappiamo che ad alti livelli “l’applicazione delle tecniche varia a seconda l’avversario”, che può essere inteso che qualche volta possiamo studiare il nostro avversario, pensare una strategia specifica e usarla contro di lui.

Molte volte gli allievi mi hanno detto: “Non so cosa fare quando mi trovo di fronte al mio avversario”. E ‘come giocare a scacchi: si può giocare solo conoscendo i movimenti dei pezzi e limitarsi a reagire alle mosse dell’avversario, oppure è possibile utilizzare alcune strategie come i migliori giocatori sanno fare.
Divido queste strategie in due categorie: 1- Io prendo l’iniziativa; 2- L’avversario prende l’iniziativa. Io prendo l’iniziativa. Vedo la postura del mio avversario, i suoi movimenti e come reagisce ai miei attacchi. In funzione di questi fattori costruisco la giusta strategia. Cerco errori nella posizione di guardia, se espone alcuni bersagli e se fa alcuni errori footwork. Se non trovo questo tipo di errori, vedo come reagisce ai miei movimenti. L’avversario prende l’iniziativa Vedo come attacca e se espone alcuni bersagli nel farlo. Per esempio, se usa solo attacchi singoli, se ha delle sequenze fisse, se mi “assale” con veemenza e così via. Tutti questi elementi mi danno le chiavi per costruire la strategia giusta per lui e “mi adeguo a lui”.

(by Vito Armenise)

Stress

Da quello che so io (non essendo un medico), il cervello si divide i 3 “gruppi”: il proencefalo, il mesencefalo e il romboencefalo.

Il proencefalo è quello del “controllo conscio” e per semplicità lo potremmo chiamare “cervello superiore”.
Il mesencefalo è il cervello intermedio e si occupa delle risposte emotive.
Il romboencefalo è quello più antico (il rettiliano), si occupa delle necessità primarie: battito cardiaco, respirazione, etc.
Per i nostri scopi possiamo accorpare il romboencefalo ed il mesencefalo e chiamarli “cervello inferiore” e chiamare il proencefalo “cervello superiore”.

Il cervello “inferiore” è quello che, in questo momento, prendiamo in considerazione dato che si occupa della gestione dello stress.

Nel cervello inferiore risiedono le 4 F (Fight, flight, feed, fuck), combatti, fuggi, mangia, sc**a.

In una situazione di stress (una qualsiasi in cui si percepisce reale pericolo per noi, i nostri cari o i nostri beni) si attiva il Sistema Nervoso Simpatico che attua una “rivoluzione” nel nostro corpo: il cervello superiore viene disattivato e il controllo passa al cevello inferiore, che prepara il corpo alla lotta o alla fuga.

A gestire questa cosa c’è il Sistema Nervoso Autonomo, che, come dal nome, non appena viene percepito il pericolo, attiva autonomamente le azioni necessarie a “gestirlo”.

Cosa attiva? Attiva il Sistema Nervoso Simpatico, che attraverso il rilascio di ormoni, dà il via alla “rivoluzione” fisica.

Questa “rivoluzione” non ha però due semplici stati: spento – acceso.

Ci sono vari livelli di accensione del Sistema Simpatico e, di nuovo, il massimo livello di accensione non significa massimo livello di efficacia.

Per convenzione sono state create delle “zone” per classificare il livelli di “accensione” del Sistema Simpatico (SS).

1) Zona Bianca: SS disattivato. Situazione di estremo relax;
2) Zona Gialla: Situazione di attenzione;
3) Zona Rossa: Situazione di pericolo. Zona di masssima efficienza;
4) Zona Nera: Situazione di pericolo. Zona di panico: efficienza compromessa.

Il metro di misura di queste zone è il numero di pulsazioni cardiache. Da notare che in questo caso si parla di pulsazioni derivanti dalla risposta ormonale allo stress e non da una normale attività fisica.

La zona rossa (quella di massima efficienza) più o meno è compresa tra 115 e 145 battiti al minuto.

Man mano che si avanza nelle zone (dalla bianca alla nera) c’è un progressivo “deterioramento” delle azioni fini, per passare a quelle “complesse” e finire a quelle “grossolane”.

Più si è lontani dalla zona bianca, più sono deteriorate le azioni “fini”.

Per “fini” si intendono tutte quelle azioni estremamente complesse, come ad esempio quelle che si fanno con le dita della mano.

Cosa c’entra con il Wing Chun?

Alcuni esercizi di sensibilità estrema possono essere assimilati ai movimenti “fini”.

Questo significa che basare il proprio allenamento esclusivamente su questi esercizi, significa diventare sicuramente estremamente abili, ma si rischia di non poter utilizzare queste abilità nel caso in cui una situazione di stress ci porti in zona rossa o, peggio, in zona nera. Perchè? Perchè in quei casi il cervello disattiva letteralmente la capacità di usare quelle funzioni.

Il Wing Chun allora è inutile in situazioni di stress?

La mia risposta, ovviamente, è no. Il Wing Chun offre delle risposte.

Risposta 1: Non allenare solo le azioni “fini”, ma anche quelle “complesse” e “grossolane”.
Il Wing Chun non ha solo esercizi di sensibilità. Ha anche strategie, esercizi e tecniche che possono essere definite “complesse” e “grossolane”.
Faccio degli esempi semplici semplici, giusto per farmi comprendere:

Esercizi “Fini”
Negli esercizi “fini”, potremmo mettere tutti gli esercizi di sensibilità in cui la nostra azione è determinata dall’adeguamento nostro ad un movimento dell’avversario attraverso sensibilità e cedevolezza. Se il 95% del nostro allenamento sarà nel chi sau lento, morbido, cedevole e sensibile, allora il 95% del nostro allenamento sarà catalogato negli esercizi di abilità “fini”.

Esercizi “complessi”
Negli esercizi “complessi” possiamo mettere la maggior parte delle strategie e degli esercizi che si basano sul timing e sul trapping, non derivanti da esercizi di sensibilità.

Esercizi “grossolani”
Negli esercizi “grossolani” mettiamo tutti quegli esercizi che possono essere ricondotti a movimenti istintivi di protezione: coperture, schivate.

Per quanto riguarda gli attacchi, una menzione particolare va ai tanto criticati “pugni a catena”.
In zona nera, si perde progressivamente la consapevolezza di ciò che sta succedendo e si tende a reiterare all’infinito un’azione. Le persone che spingono senza sosta una porta chiusa di una discoteca che sta andando a fuoco senza rendersi conto che forse dovrebbero cercare un’altra via d’uscita, è un buon esempio di ciò che può avvenire quando si è in piena zona nera.
Anche in questi casi il Wing Chun offre una soluzione: se si è in panico totale, se tutti gli schemi sono saltati, se la lucidità è completamente andata, poco prima della “paralisi” c’è l’azione reiterata. Un’ultima chance in questo caso di emergenza. Una tecnica semplice che si presti ad essere tirata in una sequenza pressochè infinita.
I pugni a catena, visti in quest’ottica possono avere una loro ragione di esistere.

Risposta 2: controllare lo stress.
Due motti del Wing Chun recitano: “impara a rimanere calmo nel centro dell’azione” e “sii fiducioso e freddo per dominare la situazione”.
Questi due motti fanno riferimento alla gestione dello stress.
Perchè è importante? Perchè meglio riesco a gestire lo stress, più riuscirò a stare nelle zone gialla e rossa, zone in cui potrò utilizzare l’intero bagaglio del Wing Chun, comprese le azioni “fini”.

Per imparare a migliorare la gestione lo stress ci sono vari modi. Quelli più moderni includono esercizi di “inoculazione” di stress.
Ci stiamo portando verso lo stato psicologico o la parte “interna”.

Il Wing Chun è molto attento all’aspetto psicologico, tanto che associa l’aspetto mentale a quello muscolare, ben conscio che in un sistema olistico mente e corpo si influenzano a vicenda: “Impara a mantenere la calma in mezzo del movimento. Allenta i muscoli e rilassa la mente.”

L’aspetto della calma, del distacco, del vuoto è ben espresso dal famoso motto: “testa di vetro, corpo di cotone, mano di ferro”.

A che serve tutto questo? A mantenere sempre attivo uno stato di allerta, i sensori di cui parlavi. L’essere all’erta è importante, perchè: “Essere all’erta e adattarsi alla situazione permette massimo risultato con il minimo sforzo”.

Da tale motto si evince, che essere in allerta è importante, ma per essere efficaci bisogna anche sapersi adattare alla situazione (la “morbidezza” di cui sopra).

Quando si riesce ad applicare tutto questo si può creare e prendere in considerazione un altro elemento importante: la fiducia nei propri mezzi, altra cosa importante per il Wing Chun:
– “Abbi fiducia e rimani freddo per dominare la situazione”;
– “Un atteggiamento fiducioso e una posizione forte danno un vantaggio sull’avversario”.

Due motti che mettono in relazione la fiducia con altri elementi. La fiducia nelle proprie capacità e la freddezza mentale consentono di gestire le situazioni in generale, non solo nel combattimento effettivo. In tal caso, a combattimento iniziato, la fiducia si sposa con una “posizione forte” per essere in vantaggio.

Rimanendo sul piano del pre-combattimento, la fiducia genera coraggio e quindi: “Gli occhi che irradiano coraggio sono in grado di controllare la situazione”.

Se parliamo di coraggio, stiamo anche ammettendo il suo contrario: la paura. Ed ancora, il coraggio non deve diventare avventatezza, ansia di colpire immediatamente a tutti i costi.

Su questi due aspetti, abbiamo quindi: “Non essere troppo ansioso di colpire. Non aver paura di colpire. Aver paura di essere colpito alla fine ti porterà ad essere colpito”.

Ecco come il Wing Chun (almeno in ottica CRCA) pone l’attenzione sull’aspetto mentale e dà anche delle indicazioni pratiche su come raggiungere i risultati.

Quindi, sembrerebbe che tutto si risolva con un: “devi essere sempre lucido e con la mente fredda, perchè così hai una serie notevole di vantaggi che ti permettono di gestire anche una situazione stressante”.

Tutto perfetto, ma… c’è un motto che dice: “Un combattente disperato è difficile da gestire”.

(NB. Disperato, non arrabbiato. C’è molta differenza)

Ma come? Tutta una serie di raccomandazioni sul rimanere calmi per essere efficaci e poi si viene a sapere che uno disperato è pericoloso?

Questo motto ha diversi significati, quello che interessa noi ora è che apre un mondo, quello opposto alla lucidità: la disperazione.

La disperazione è la conseguenza dello stress, di quello stress che supera i livelli “positivi”, di quello stress che arriva alla zona “fight or flight”. Solo che il “flight” gli è stato precluso e gli rimane il “fight”.

A questo punto, quella persona sarà tutt’altro che distaccata, tutt’altro che lucida, tutt’altro che all’erta, tutt’altro che con i muscoli rilassati, e con capacità di movimento assai limitate (prima le avevamo definite grosso-motorie).

A leggere così lo stato della persona disperata sembrerebbe che non debba essere un problema batterlo, invece il Wing Chun dice che è pericoloso.

E’ pericoloso perchè le sue modifiche fisiche, causate dagli ormoni in circolo, ne aumentano le capacità muscolari e i movimenti grosso-motori sono comunque in grado di eseguire tecniche rozze, ma efficaci.

L’altra cosa importante è il fatto che il Wing Chun prenda in considerazione lo stress ed i suoi effetti più traumatici: la disperazione.

Se ne poteva tranquillamente fregare, visto che per controllare le situazioni, tutte le situazioni (i motti precedenti non dicevano che non erano validi contro i disperati), basta la fiducia ed il coraggio (con tutto ciò che hanno dietro).

Se prende in considerazione lo stress è perchè tutti hanno il punto di rottura. L’allenamento mentale, il percorso “interno” hanno sicuramente il potere di alzare di molto questo punto di rottura, ma non si potrà mai eliminare del tutto, a meno che il “distacco” sia talmente profondo da rendere la mente inattaccabile.

Ricordo (male) una storiella:
Un generale dopo aver conquistato una città, volle che tutti i vinti si inchinassero a lui. Un vecchio, in meditazione, non lo fece.
Il generale allora andò dal vecchio e gli disse:”Perchè non vuoi inchinarti? Tu non sai chi sono io! Lo sai che potrei tagliarti la testa senza battere ciglio?”.

Il vecchio aprì gli occhi e gli rispose: “TU non sai chi sono io! Lo sai che potrei farmi tagliare la testa senza battere ciglio?”.

Ottimo esempio di come il distacco e la calma raggiungono livelli altissimi. Ma chi può dire di essere a quei livelli?

Chi non li ha raggiunti deve essere consapevole che ha un punto di rottura, anche se molto alto. Punto in cui tutte le teorie su distacco, calma, lucidità mentale andranno a quel paese. Punto in cui ci sarà il “fight or flight”. Anzi, magari fosse il “flight”. Il problema è quando rimane solo il “fight” a disposizione.

Ed ecco che lo studio delle possibilità in situazioni stressanti trova il suo perchè ed il suo valore, sia per imparare a riconoscere le “modifiche da stress” nel nostro corpo e nella nostra mente, sia per allenare ciò che in quel momento è applicabile.

Il Wing Chun, a quel punto, viene diviso in:
1) cosa fare quando si è calmi e lucidi;
2) cosa fare quando si è sotto stress;
3) cosa fare quando si è sotto fortissimo stress.

Anche la tipologia di allenamento cambia, per ovvi motivi.

(by Vito Armenise)

La strategia di progressiva

Presto o tardi arriva il momento in cui un allievo viene e dice che il Wing Chun non funziona perché ha cercato di usarlo in combattimento e non è stato in grado di applicare con efficacia la strategia del “Wing Chun”.

Quando gli si chiede che cosa ha cercato di fare, quasi sempre dice: “Beh, ovviamente ho cercato di chiudere la distanza e combattere mantenendo il contatto con le sue braccia”. Questo viene da uno dei 17 doveri:”il trapping deve deve essere continua”.

Naturalmente è corretto, perché il trapping è una situazione (non solo una tecnica) dove possiamo colpire l’avversario e lui non può colpire noi.

Per ottenere una situazione di trapping, il contatto con le braccia è utile, perché almeno 2 motti recitano: “Toccare il braccio dell’avversario migliora la situazione” e “se si è incollati all’avversario e lo controlliamo, le probabilità di perdere sono ridotte”.

Il problema è che quando cerchiamo di applicare questo principio in un ambiente non cooperativo, sparring libero o combattimento vero, con qualcuno che è veramente bravo (soprattutto se non lo fa Wing Chun), vediamo che non è così facile chiudere la distanza, creare un ponte e combattere con un trapping continuo.

Per migliorare, è meglio dividere la “strategia” in fasi progressive: 1) Solo tecniche Yang; 2) Attacchi complessi; 3) Sequenze complesse; 4) Chiudere la distanza e trapping continuo.

Solo tecniche Yang

Qui applichiamo il motto: “Se c’è un ponte, contrastalo parando”. Le tecniche Yang sono semplici e veloci e, anche, il modo più veloce per ottenere il vantaggio di linea centrale.

Contro qualcuno che è veramente veloce nel chiudere la distanza, colpire e uscire, le tecniche Yang possono essere utilizzate con efficacia.

Quando siamo in grado di applicare in modo efficiente le tecniche di Yang, siamo in grado di salire un gradino.

Attacchi complessi

Ora reagiamo con tecniche complesse (Yin e Yang insieme) a ogni attacco avversario. Un attacco, una sola tecnica complessa. Quando siamo in grado di applicare in modo efficiente le tecniche di Yang, siamo in grado di salire un gradino.

Sequenze complesse

Ora le cose si fanno interessanti. Non facciamo più una sola risposta all’attacco avversario, ma cerchiamo di collegare diversi movimenti con principio del trapping al suo interno.

Possiamo usare principi e tecniche provenienti dagli “attacchi lenti” e dai “cicli di attacco”.

Ora, per ogni attacco, cerchiamo di usare combinazioni di tecniche (con principio di trapping) che vengono, ad esempio, dai drill che ho citato (ma altri possono essere utilizzati). Quando siamo in grado di applicarlo in modo efficace, possiamo andare al gradino finale.

Trapping continuo

Ora sappiamo come fermare un attacco con tecniche Yang, con attacchi complessi, e collegarli in piccole sequenze di trapping contro un avversario non collaborativo.

Ora siamo pronti a continuare la sequenza di trapping e utilizzare il principio di “il trapping deve essere continuo”.

Ora siamo pronti a farlo, perché sappiamo come applicare ogni elemento della strategia. Ora siamo realmente pronti a chiudere la distanza, creare un ponte e “intrappolare” in modo continuo il nostro avversario fino alla sua sconfitta.

(by Vito Armenise)

il Wing Chun diviso in elementi

Il Wing Chun ed i suoi elementi

Il Wing Chun è un’enorme cisterna. Quanta acqua riuscite a prenderne, però, dipende solo da voi. Questa è una buona frase che indica che gli elementi che compongono il Wing Chun sono molti e che devono amalgamarsi, in modo che ogni elemento sia parte del tutto ed il tutto sia formato dall’apporto di ogni elemento.

Ai fini di un’analisi, però, è meglio esaminare i vari elementi singolarmente ed utilizzare una nuova struttura: la piramide.

La piramide che prendo in considerazione è ispirata a quella Rooney  e riadattata da me al Wing Chun.

Eccola qui:
Pyramide

 

Perchè proprio una struttura a piramide? Perchè, come in una costruzione normale, si deve partire dal basso costruendo un piano alla volta e il piano più basso deve essere talmente solido da sostenere i piani che gli sono sopra.
Vediamoli uno per uno.

 

 

La base

Come ogni base, anche quella della nostra piramide deve essere solida. Tanto più è solida la base, tanto più stabile sarà l’intera struttura.

Alla base troviamo diversi elementi, alcune fisici, altri mentali, altri che riguardano il comportamento.

Le motivazioni sono le cose che ci hanno spinto a cominciare la pratica del Wing Chun. Ognuno avrà le proprie. Le motivazioni sono fondamentali per comprendere quali sono i nostri obiettivi e fare in modo che l’addestramento vada a soddisfare gli obiettivi. Da notare che “finire il sistema” per me non è un obiettivo, ma uno strumento, o una fase intermedia per raggiungere un obiettivo. E’ come voler imparare a guidare una macchina per tenerla in garage e fare ogni tanto il giro dell’isolato.
Finire il sistema è una condizione naturale per chiunque cominci l’addestramento.

La forza mentale è quella che serve per sopportare l’addestramento. Può essere uno spirito di sacrificio per sopportare la fatica (o il dolore) dell’addestramento o anche la pazienza, molto importante nel Wing Chun.

Motivazioni e forza mentale concorrono a creare la “serietà” del praticante nell’addestramento. Per “serietà” intendo presenza costante alle sessioni di allenamento e impegno durante le sessioni.

Passiamo poi agli attributi prettamente fisico/atletici: coordinazione, flessibilità, equilibrio, forza, velocità, potenza e resistenza.

Prevenzione infortuni.

Qui la responsabilità è suddivisa tra maestro e allievo.
Per prevenzione infortuni si intende:

1) Il raggiungimento della consapevolezza, e della capacità di valutazione, dello stato e dei limiti della propria capacità fisica in termini di forza, equilibrio, flessibilità e resistenza in modo da non eccedere e farsi male da soli;

2) Alternare in modo adeguato l’attività ed il periodo di riposo/recupero;
3) Utilizzare la tipologia di allenamento appropriato in base al proprio livello fisico e tecnico;
4) Utilizzare sempre l’attrezzatura adeguata per l’attività che si sta facendo;
5) Mantenere sempre la mente centrata e focalizzata su quello che si sta facendo.

Alimentazione
Il Wing Chun ci deve dire come e cosa dobbiamo mangiare? Ovviamente no. Quello che si intende qui è che un’alimentazione adeguata ha un duplice effetto benefico:
1) Migliora il nostro fisico e la nostra salute. Si dice infatti che noi siamo quello che mangiamo;
2) Seguire una dieta (qui intesa come regime alimentare, non necessariamente come dimagrimento attraverso l’alimentazione) presuppone l’adeguare il proprio comportamento a delle regole. E’ un allenamento comportamentale, un atteggiamento che sarà utile durante la pratica.

Ma questo vuol dire che il praticante di Wing Chun non può mai “sgarrare”? Ovviamente no. Ricordiamoci che da bravo stile buddhista, esiste sempre la via di mezzo. La capacità di regolarsi e vedere se siamo in linea con il proprio obiettivo è il vero scopo.

 

 

Le tecniche specifiche

Qui siamo nel vero e proprio addestramento tecnico.

A questo livello sono contemplate:

1) Tutte le singole tecniche con le braccia e con le gambe;

2) Le forme;

3) Tutti i drill e tutti i pattern.

L’allenamento all’impatto

La conoscenza delle tecniche e dei drill non ha molto senso se al primo impatto il nostro polso, il nostro pugno o qualsiasi altra parte del corpo che va a colpire, si rompe.
Ecco quindi che al piano superiore dell’addestramento tecnico c’è l’addestramento all’impatto.
Questo può essere fatto:

– al sacco pesante appeso o al sacco a muro (con distinzioni di allenamento);

– a colpitori vari: scudi, pao, focus glove;

– allenandosi all’iron palm, o meglio “condizionando” le varie parti soggette ad impatto.

Anche se non è il principale scopo del suo uso, anche l’uomo di legno può essere usato per condizionare le braccia e le gambe.
Sparring
Il livello successivo è l’addestramento all’applicazione pratica delle tecniche in un contesto più libero.
Principi e Strategie e/o “Stress Inoculation”

Su questo piano ho messo due elementi molto diversi tra loro. L’ho fatto perchè potrebbero essere il bivio che porta il praticante a prendere una strada piuttosto che un’altra, enfatizzando uno solo di questi elementi.
Principi
Fino a questo punto il praticante si è addestrato all’apprendimento “corporeo” del Wing Chun e alla applicazione pratica dei drill. E’ ormai pronto a capire le regole che generano le tecniche e i drill. E’ pronto per i principi del Wing Chun. Questo gli permetterà di liberarsi dalle catene dei drill. Gli permetterà di avere applicazioni personali che comunque risponderanno ai principi del sistema.
Finalmente smetterà di essere un robot e il Wing Chun diventerà il vestito che gli calzerà a pennello.

Comprendendo i principi, il praticante si renderà conto anche delle varie strategie presenti nel Wing Chun, che gli consentiranno di adattare il combattimento al proprio avversario e non di cercare di adattare tutti i combattimenti alla propria strategia.

Stress inoculation

Molti si avvicinano al Wing Chun per difesa personale in un contesto definito “da strada”.
Il Wing Chun, come strumento per confrontarsi con altri esseri umani, può certamente essere usato anche in un contesto “da strada”.

C’è un piccolo problema che spesso viene dimenticato fino a quando uno, malauguratamente, non si trova coinvolto in evento di quel genere: un’aggressione, un combattimento “da strada” provoca un forte stress. Lo stress fa funzionare il nostro corpo e la nostra mente in un modo completamente diverso da come funzionano in palestra.
Maggiore è lo stress, maggiori sono le modifiche psicofisiche: adrenalina sparata in circolo che modifica il funzionamento dei muscoli, cuore che aumenta i battiti e mente che pian piano diminuisce la capacità di fare movimenti “fini” per passare a quelli definiti “grossolani”.

La cosa bella è che l’entità dello stress è personale, cioè dipende dalla valutazione del singolo del pericolo che si sta correndo.

Vuol dire che lo stesso evento può essere un trauma per qualcuno e una passeggiata per un altro.

Allenarsi per anni in qualcosa per poi non riuscire ad applicarlo nel momento in cui si deve metterlo in pratica, può essere più traumatico dell’evento stesso.

E’ mia opinione che chi si avvicina al Wing Chun per difesa personale debba prendere confidenza con gli effetti dello stress sul proprio fisico e sulla propria mente.

C’è un piccolo problema: lo stress di una vera aggressione non può essere replicato in palestra!

Che fare allora?

Due cose:

1) Allenare e ripetere allo sfinimento le tecniche corrette;

2) “Vaccinarsi” allo stress.

Partiamo dalla prima cosa: ripetere le tecniche e le sequenze.

Questa è una delle cose che al giorno d’oggi vengono criticate nel Wing Chun. Perchè devo ripetere, ripetere, ripetere, ripetere…?

Viene vista come una cosa arcaica e basata su un sistema di insegnamento ormai superato.
Invece la ripetizione ha un suo effetto benefico proprio durante lo stress: in un combattimento con un altissimo fattore di stress, non eleverete voi stessi al livello del confronto, ma vi abbasserete al livello dell’addestramento.

Significa che quando le cose si fanno veramente serie e voi percepite un vero pericolo, la mente ed il fisico si adeguano. Se il pericolo percepito è veramente alto, scatta quello che possiamo definire il “pilota automatico”. Se siete stati testimoni o avete sentito storie di persone che dopo un combattimento dicevano di non ricordare cosa avevano fatto, avete un’idea del “pilota automatico”.

La bella notizia è che il “pilota automatico” fa tutto per conto proprio, anche se noi ci siamo ritirati nel cantuccio più riparato della nostra mente a pregare che finisca presto. La cattiva notizia è che il pilota automatico può prendere le risorse dall’istinto e l’istinto si è forgiato esclusivamente con la ripetizione dei gesti.

Se la ripetizione è stata corretta, il “pilota automatico” agirà correttamente, altrimenti farà esattamente gli stesi errori fatti in addestramento.
“Vaccinarsi allo stress”

Come abbiamo visto, il combattimento è stress e lo stress genera modifiche psico-fisiche.
Fino ad un certo punto le modifiche sono positive: il corpo si prepara al meglio per fare 2 delle 4 “F” – fight or flight, cioè combatti o scappa.

Le modifiche lavorano quindi a nostro favore. Fino ad un certo punto però, superato il quale cominciano a lavorare contro di noi.

Come fare allora?

Si sfrutta il fatto che il livello di stress dipende dalla nostra percezione. Se cambiamo la percezione, cambieremo anche il livello di stress.

Per farlo si opera un po’ come con le vaccinazioni: si introduce un elemento patogeno in modo controllato in modo da abituare il corpo a riconoscerlo e combatterlo, elevando così la nostra soglia di guardia.

Con lo stress si fa esattamente nello stesso modo. Ci sono metodi chiamati “stress inoculation” che fanno proprio questo: introducono fattori di stress in modo controllato, in modo da far prendere coscienza al praticante di ciò che succede al proprio corpo e alla propria mente, fagli prendere confidenza col nuovo stato e, in questo modo, elevare la sua soglia di stress.

 

La vetta: il mental training

Eccoci giunti all’ultimo elemento, l’ultimo piano della nostra piramide.

La vetta è dedicata all’addestramento mentale.

Siamo normalmente portati a pensare che le prestazioni dipendono solo dalle potenzialità, cioè dal livello fisico-tecnico-tattico.

In realtà non è così. Se dovessimo scrivere la formula della prestazione, questa sarebbe:
prestazione= potenzialità +- convinzioni.
Nella prestazione, cioè, giocano un grande ruolo le convinzioni che noi abbiamo.

Le convinzioni negative (chiamate limitanti) vanno a sottrarre punti alla prestazione:
prestazione= potenzialità – convinzioni limitanti

Le convinzioni positive (chiamate potenzianti) vanno ad aggiungere punti alla prestazione:
prestazione= potenzialità + convinzioni potenzianti

Siccome non possiamo spegnere la nostra mente e quindi le nostre convinzioni (tranne in caso di “pilota automatico”), ci conviene lavorare in modo da avere convinzioni potenzianti, aumentando il livello della nostra prestazione, piuttosto che vederla, con sgomento, crollare sotto le nostre convinzioni limitanti (che spesso nemmeno ci accorgiamo di avere).

Come disse un certo Ford:”Che tu sia convinto di farcela o di non farcela, hai comunque ragione”.

Il mental training si focalizza su questo: come fare in modo che la nostra mente giochi al nostro fianco aggiungendo qualità a quello che il corpo è in grado di fare.