Stress
Da quello che so io (non essendo un medico), il cervello si divide i 3 “gruppi”: il proencefalo, il mesencefalo e il romboencefalo.
Il proencefalo è quello del “controllo conscio” e per semplicità lo potremmo chiamare “cervello superiore”.
Il mesencefalo è il cervello intermedio e si occupa delle risposte emotive.
Il romboencefalo è quello più antico (il rettiliano), si occupa delle necessità primarie: battito cardiaco, respirazione, etc.
Per i nostri scopi possiamo accorpare il romboencefalo ed il mesencefalo e chiamarli “cervello inferiore” e chiamare il proencefalo “cervello superiore”.
Il cervello “inferiore” è quello che, in questo momento, prendiamo in considerazione dato che si occupa della gestione dello stress.
Nel cervello inferiore risiedono le 4 F (Fight, flight, feed, fuck), combatti, fuggi, mangia, sc**a.
In una situazione di stress (una qualsiasi in cui si percepisce reale pericolo per noi, i nostri cari o i nostri beni) si attiva il Sistema Nervoso Simpatico che attua una “rivoluzione” nel nostro corpo: il cervello superiore viene disattivato e il controllo passa al cevello inferiore, che prepara il corpo alla lotta o alla fuga.
A gestire questa cosa c’è il Sistema Nervoso Autonomo, che, come dal nome, non appena viene percepito il pericolo, attiva autonomamente le azioni necessarie a “gestirlo”.
Cosa attiva? Attiva il Sistema Nervoso Simpatico, che attraverso il rilascio di ormoni, dà il via alla “rivoluzione” fisica.
Questa “rivoluzione” non ha però due semplici stati: spento – acceso.
Ci sono vari livelli di accensione del Sistema Simpatico e, di nuovo, il massimo livello di accensione non significa massimo livello di efficacia.
Per convenzione sono state create delle “zone” per classificare il livelli di “accensione” del Sistema Simpatico (SS).
1) Zona Bianca: SS disattivato. Situazione di estremo relax;
2) Zona Gialla: Situazione di attenzione;
3) Zona Rossa: Situazione di pericolo. Zona di masssima efficienza;
4) Zona Nera: Situazione di pericolo. Zona di panico: efficienza compromessa.
Il metro di misura di queste zone è il numero di pulsazioni cardiache. Da notare che in questo caso si parla di pulsazioni derivanti dalla risposta ormonale allo stress e non da una normale attività fisica.
La zona rossa (quella di massima efficienza) più o meno è compresa tra 115 e 145 battiti al minuto.
Man mano che si avanza nelle zone (dalla bianca alla nera) c’è un progressivo “deterioramento” delle azioni fini, per passare a quelle “complesse” e finire a quelle “grossolane”.
Più si è lontani dalla zona bianca, più sono deteriorate le azioni “fini”.
Per “fini” si intendono tutte quelle azioni estremamente complesse, come ad esempio quelle che si fanno con le dita della mano.
Cosa c’entra con il Wing Chun?
Alcuni esercizi di sensibilità estrema possono essere assimilati ai movimenti “fini”.
Questo significa che basare il proprio allenamento esclusivamente su questi esercizi, significa diventare sicuramente estremamente abili, ma si rischia di non poter utilizzare queste abilità nel caso in cui una situazione di stress ci porti in zona rossa o, peggio, in zona nera. Perchè? Perchè in quei casi il cervello disattiva letteralmente la capacità di usare quelle funzioni.
Il Wing Chun allora è inutile in situazioni di stress?
La mia risposta, ovviamente, è no. Il Wing Chun offre delle risposte.
Risposta 1: Non allenare solo le azioni “fini”, ma anche quelle “complesse” e “grossolane”.
Il Wing Chun non ha solo esercizi di sensibilità. Ha anche strategie, esercizi e tecniche che possono essere definite “complesse” e “grossolane”.
Faccio degli esempi semplici semplici, giusto per farmi comprendere:
Esercizi “Fini”
Negli esercizi “fini”, potremmo mettere tutti gli esercizi di sensibilità in cui la nostra azione è determinata dall’adeguamento nostro ad un movimento dell’avversario attraverso sensibilità e cedevolezza. Se il 95% del nostro allenamento sarà nel chi sau lento, morbido, cedevole e sensibile, allora il 95% del nostro allenamento sarà catalogato negli esercizi di abilità “fini”.
Esercizi “complessi”
Negli esercizi “complessi” possiamo mettere la maggior parte delle strategie e degli esercizi che si basano sul timing e sul trapping, non derivanti da esercizi di sensibilità.
Esercizi “grossolani”
Negli esercizi “grossolani” mettiamo tutti quegli esercizi che possono essere ricondotti a movimenti istintivi di protezione: coperture, schivate.
Per quanto riguarda gli attacchi, una menzione particolare va ai tanto criticati “pugni a catena”.
In zona nera, si perde progressivamente la consapevolezza di ciò che sta succedendo e si tende a reiterare all’infinito un’azione. Le persone che spingono senza sosta una porta chiusa di una discoteca che sta andando a fuoco senza rendersi conto che forse dovrebbero cercare un’altra via d’uscita, è un buon esempio di ciò che può avvenire quando si è in piena zona nera.
Anche in questi casi il Wing Chun offre una soluzione: se si è in panico totale, se tutti gli schemi sono saltati, se la lucidità è completamente andata, poco prima della “paralisi” c’è l’azione reiterata. Un’ultima chance in questo caso di emergenza. Una tecnica semplice che si presti ad essere tirata in una sequenza pressochè infinita.
I pugni a catena, visti in quest’ottica possono avere una loro ragione di esistere.
Risposta 2: controllare lo stress.
Due motti del Wing Chun recitano: “impara a rimanere calmo nel centro dell’azione” e “sii fiducioso e freddo per dominare la situazione”.
Questi due motti fanno riferimento alla gestione dello stress.
Perchè è importante? Perchè meglio riesco a gestire lo stress, più riuscirò a stare nelle zone gialla e rossa, zone in cui potrò utilizzare l’intero bagaglio del Wing Chun, comprese le azioni “fini”.
Per imparare a migliorare la gestione lo stress ci sono vari modi. Quelli più moderni includono esercizi di “inoculazione” di stress.
Ci stiamo portando verso lo stato psicologico o la parte “interna”.
Il Wing Chun è molto attento all’aspetto psicologico, tanto che associa l’aspetto mentale a quello muscolare, ben conscio che in un sistema olistico mente e corpo si influenzano a vicenda: “Impara a mantenere la calma in mezzo del movimento. Allenta i muscoli e rilassa la mente.”
L’aspetto della calma, del distacco, del vuoto è ben espresso dal famoso motto: “testa di vetro, corpo di cotone, mano di ferro”.
A che serve tutto questo? A mantenere sempre attivo uno stato di allerta, i sensori di cui parlavi. L’essere all’erta è importante, perchè: “Essere all’erta e adattarsi alla situazione permette massimo risultato con il minimo sforzo”.
Da tale motto si evince, che essere in allerta è importante, ma per essere efficaci bisogna anche sapersi adattare alla situazione (la “morbidezza” di cui sopra).
Quando si riesce ad applicare tutto questo si può creare e prendere in considerazione un altro elemento importante: la fiducia nei propri mezzi, altra cosa importante per il Wing Chun:
– “Abbi fiducia e rimani freddo per dominare la situazione”;
– “Un atteggiamento fiducioso e una posizione forte danno un vantaggio sull’avversario”.
Due motti che mettono in relazione la fiducia con altri elementi. La fiducia nelle proprie capacità e la freddezza mentale consentono di gestire le situazioni in generale, non solo nel combattimento effettivo. In tal caso, a combattimento iniziato, la fiducia si sposa con una “posizione forte” per essere in vantaggio.
Rimanendo sul piano del pre-combattimento, la fiducia genera coraggio e quindi: “Gli occhi che irradiano coraggio sono in grado di controllare la situazione”.
Se parliamo di coraggio, stiamo anche ammettendo il suo contrario: la paura. Ed ancora, il coraggio non deve diventare avventatezza, ansia di colpire immediatamente a tutti i costi.
Su questi due aspetti, abbiamo quindi: “Non essere troppo ansioso di colpire. Non aver paura di colpire. Aver paura di essere colpito alla fine ti porterà ad essere colpito”.
Ecco come il Wing Chun (almeno in ottica CRCA) pone l’attenzione sull’aspetto mentale e dà anche delle indicazioni pratiche su come raggiungere i risultati.
Quindi, sembrerebbe che tutto si risolva con un: “devi essere sempre lucido e con la mente fredda, perchè così hai una serie notevole di vantaggi che ti permettono di gestire anche una situazione stressante”.
Tutto perfetto, ma… c’è un motto che dice: “Un combattente disperato è difficile da gestire”.
(NB. Disperato, non arrabbiato. C’è molta differenza)
Ma come? Tutta una serie di raccomandazioni sul rimanere calmi per essere efficaci e poi si viene a sapere che uno disperato è pericoloso?
Questo motto ha diversi significati, quello che interessa noi ora è che apre un mondo, quello opposto alla lucidità: la disperazione.
La disperazione è la conseguenza dello stress, di quello stress che supera i livelli “positivi”, di quello stress che arriva alla zona “fight or flight”. Solo che il “flight” gli è stato precluso e gli rimane il “fight”.
A questo punto, quella persona sarà tutt’altro che distaccata, tutt’altro che lucida, tutt’altro che all’erta, tutt’altro che con i muscoli rilassati, e con capacità di movimento assai limitate (prima le avevamo definite grosso-motorie).
A leggere così lo stato della persona disperata sembrerebbe che non debba essere un problema batterlo, invece il Wing Chun dice che è pericoloso.
E’ pericoloso perchè le sue modifiche fisiche, causate dagli ormoni in circolo, ne aumentano le capacità muscolari e i movimenti grosso-motori sono comunque in grado di eseguire tecniche rozze, ma efficaci.
L’altra cosa importante è il fatto che il Wing Chun prenda in considerazione lo stress ed i suoi effetti più traumatici: la disperazione.
Se ne poteva tranquillamente fregare, visto che per controllare le situazioni, tutte le situazioni (i motti precedenti non dicevano che non erano validi contro i disperati), basta la fiducia ed il coraggio (con tutto ciò che hanno dietro).
Se prende in considerazione lo stress è perchè tutti hanno il punto di rottura. L’allenamento mentale, il percorso “interno” hanno sicuramente il potere di alzare di molto questo punto di rottura, ma non si potrà mai eliminare del tutto, a meno che il “distacco” sia talmente profondo da rendere la mente inattaccabile.
Ricordo (male) una storiella:
Un generale dopo aver conquistato una città, volle che tutti i vinti si inchinassero a lui. Un vecchio, in meditazione, non lo fece.
Il generale allora andò dal vecchio e gli disse:”Perchè non vuoi inchinarti? Tu non sai chi sono io! Lo sai che potrei tagliarti la testa senza battere ciglio?”.
Il vecchio aprì gli occhi e gli rispose: “TU non sai chi sono io! Lo sai che potrei farmi tagliare la testa senza battere ciglio?”.
Ottimo esempio di come il distacco e la calma raggiungono livelli altissimi. Ma chi può dire di essere a quei livelli?
Chi non li ha raggiunti deve essere consapevole che ha un punto di rottura, anche se molto alto. Punto in cui tutte le teorie su distacco, calma, lucidità mentale andranno a quel paese. Punto in cui ci sarà il “fight or flight”. Anzi, magari fosse il “flight”. Il problema è quando rimane solo il “fight” a disposizione.
Ed ecco che lo studio delle possibilità in situazioni stressanti trova il suo perchè ed il suo valore, sia per imparare a riconoscere le “modifiche da stress” nel nostro corpo e nella nostra mente, sia per allenare ciò che in quel momento è applicabile.
Il Wing Chun, a quel punto, viene diviso in:
1) cosa fare quando si è calmi e lucidi;
2) cosa fare quando si è sotto stress;
3) cosa fare quando si è sotto fortissimo stress.
Anche la tipologia di allenamento cambia, per ovvi motivi.
(by Vito Armenise)